Si può resistere trenta giorni senza mangiare. Tre giorni senza acqua e siamo al limite della nostra sopravvivenza. Per gli esseri umani però, solo cinque minuti in assenza di ossigeno risultano fatali.
Nonostante l’importanza fondamentale di questo gesto inconscio, non siamo abituati a sfruttare al massimo la respirazione.
La ventilazione polmonare o l’inalazione di ossigeno e l’espirazione di anidride carbonica, permette un normale svolgimento di attività metabolica. Ci fornisce la materia prima necessaria per far lavorare i muscoli, per mantenere un corretto pH del sangue, per eliminare le scorie prodotte dal nostro corpo e per svolgere l’attività cerebrale. Tutte queste azioni dipendono direttamente dal ricambio costante di questo gas prezioso.
La via preferenziale per l’eliminazione di rifiuti biologici è il sistema polmonare. Il 70% viene espulso con l’espirazione, solo il 3% con le feci, il 7% tramite le urine e il restante 20% attraverso la traspirazione della pelle. I muscoli utilizzano ossigeno in quantità industriale quando devono contrarre le loro fibre. Il delicato equilibrio tra acidità e alcalinità del nostro corpo è mantenuto in parte grazie al ricambio respiratorio. Infine, al cervello deve essere costantemente erogata grande quantità di ossigeno per facilitare le sinapsi neurologiche respirando ad un ritmo di circa 16 volte al minuto. Ovviamente si intende ad un ritmo basale, cioè a riposo. Quando occorre, si può arrivare a quasi 100 cicli di respirazione al minuto. Questo tipo di ventilazione variabile avviene in modo automatico, non dobbiamo fare nulla coscientemente per soddisfare il fabbisogno di ossigeno. La respirazione è una della poche attività sotto controllo del sistema nervoso autonomo, cioè quello che si autoregola, che è possibile gestire volutamente solo in parte.
Intervenendo attivamente durante la respirazione basale o di riposo, possiamo alterare positivamente molte funzioni del nostro corpo e del nostro cervello. Già da secoli, molte tecniche orientali di meditazione e rilassamento utilizzavano il controllo respiratorio attivo per modificare sia lo stato mentale che quello fisico.
È successo a tutti di fare un grande respiro prima di affrontare uno sforzo fisico o mentale; viene quasi spontaneamente. Tuttavia si possono migliorare anche le prestazioni ordinarie avendo cura di respirare correttamente.
La maggior parte della respirazione viene soddisfatta solo tramite l’espansione e contrazione toracica. È un metodo semplice in quanto richiede sforzi minimi per mantenere il ritmo metabolico base. Per essere terapeutico, il diaframma deve essere utilizzato per espandere al massimo la cavità toracica facilitando l’ingresso di aria.
La respirazione ritmica e controllata è primaria in qualsiasi tecnica di rilassamento. Esercitando il controllo attivo su una funzione autonoma permette di influenzare positivamente le altre attività biologiche vitali. La tecnica più semplice è la respirazione paradossale: richiede un posto tranquillo e soli 5 minuti di tempo.
In una posizione comoda (preferibilmente supina) mettere le mani sull’addome. Respirare lentamente, profondamente e ritmicamente. Inspirare a bocca chiusa tramite il naso. L’addome dovrebbe gonfiarsi lentamente. Contare mentre si inspira, quando si arriva alla massima inspirazione fare una pausa di 3 secondi e poi, sempre tramite il naso, cominciare la lenta fase di espirazione che dovrebbe durare almeno quanto l’inspirazione, anche se sarebbe meglio riuscire a farla durare un po’ di più. Si chiama paradossale proprio perché la fase più controllata è quella dell’espirazione. Bisogna aspettare, a polmoni vuoti, il richiamo spontaneo dell’inspirazione prima di eseguirlo. Cercare sempre di allungare la fase di espirazione; in questo modo il controllo della fase di inspirazione diventa più facile da controllare. Ricordarsi di iniziare ogni inspirazione con l’espansione dell’addome.
Ripetere ogni ciclo per 15 o 20 volte; se un ciclo durerà quindici secondi circa, bisognerebbe impiegare cinque minuti. Con la mente occupata e con il coordinamento della tecnica è difficile pensare ad altro, quindi il primo obiettivo è già raggiunto.
Quando si sarà sviluppata una certa dimestichezza con la tecnica, si potrebbero introdurre pensieri corrispondenti alle varie fasi del ciclo respiratorio. Ad esempio, provare ad immaginare un senso di calore ed energia che entrano dentro al corpo con ogni inspirazione. Con l’espirazione, bisogna cercare di percepire un senso di pesantezza, oppure quello di sciogliersi e sprofondare dentro la superficie dove si è sdraiati. Questa sensazione di calore e pesantezza accompagnate al ciclo respiratorio ripetitivo, segnerà l’inizio del processo di rilassamento. Fisiologicamente questo esercizio provocherà una diminuzione di attività del sistema nervoso simpatico (quello stimolato in caso di stress), un rallentamento del battito cardiaco e un rilassamento dei muscoli tesi. Alla fine, non alzarsi subito, rimanere sdraiati per un paio di minuti permettendo alla mente di accorgersi della sensazione di tranquillità.
Dopo aver caricato le batterie con l’ossigeno, ci si ritroverà con un’energia inaspettata.
Dr. Wayne M. Steiner, Chiropratico
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